Breve cronaca di un viaggio nel nord
della Siria, per potere qualche aiuto, qualche sorriso, e per conoscere meglio
la realtà della rivolta e della repressione
Nelle
settimane prima di Natale, il “Comitato di sostegno al popolo siriano” di
Milano aveva raccolto diversi scatoloni di materiale di aiuto per l’emergenza
inverno (cappotti, maglioni, coperte ecc.), qualche medicinale, e fondi per
l’acquisto di alimenti e medicinali.
Il 23
dicembre Mohamad insieme alla famiglia, il suo furgone e un altro furgone di
un amico siriano partivano per la
Siria: in nave fino in Grecia e poi la Turchia e finalmente la Siria – Afrin, dopo lunga
attesa al confine e il rischio di non riuscire a entrare (per i passaporti
europei), sventato in modo un po’ “avventuroso”.
E in Siria
lo shock di una situazione disastrosa: non c’è lavoro, l’inverno comincia a far
sentire pesantemente i suoi morsi, le risorse alimentari ed energetiche sono un
vero lusso (tanto che si tagliano ovunque alberi per fare un po’ di legna per
riscaldarsi e cucinare), le case delle zone “liberate” affollate da più
famiglie, grazie all’accoglienza e la solidarietà delle siriane e dei siriani
ovunque.
La
creatività è molta, ma non è sufficiente a sopravvivere in maniera dignitosa:
certo, come abbiamo visto, si può fare un tè alimentando il fuoco solo con
pezzetti di carta, ma quante volte? Certo, i bambini sanno ancora giocare,
tutti insieme senza distinzioni “settarie”, ma come potranno farlo senza
potersi vestire, senza poter mangiare?
Il nostro
viaggio - oltre ad aver immediatamente distribuito il materiale che avevamo
raccolto grazie alla generosità di tante persone a Milano, Gallarate e Varese –
è servito a conoscere meglio alcune realtà alle quali pensiamo di indirizzare i
prossimi nostri sforzi.
In
particolare vogliamo segnalare l’ospedale da campo che da poco è stato
inaugurato ad Afrin: un ospedale dove vengono curati feriti e malati senza
alcuna distinzione politica, settaria, nazionale, di provenienza geografica, e
che naturalmente ha bisogno di tutto.
Un medico
dell’ospedale ci ha fatto un elenco di medicinali indispensabili, e uno dei
nostri prossimi impegni sarà quello di procurarli, acquistandoli o
raccogliendoli qui in Italia, o acquistandoli in Turchia.
Un’altra
situazione drammatica che abbiamo visto, e con la quale abbiamo aperto una
collaborazione, è rappresentata da un “campo profughi” a Jerablus, nei pressi
del confine turco. Un campo “piccolo”, con diverse centinaia di persone,
soprattutto sfollate da Aleppo, gestito dal “Comitato locale di coordinamento”,
che grazie ad aiuti e donazioni acquista e prepara “kit alimentari” (farina,
riso, burro) da distribuire gratuitamente alle famiglie del campo.
Altre sono
le situazioni visitate (possiamo ancora segnalare Daret Al Ezzah – dove il
Comitato locale di coordinamento ci parla della necessità di strumenti di
comunicazione affidabili e efficienti), tante altre sono le realtà che
avrebbero bisogno di aiuto.
Noi non
siamo la Mezzaluna
rossa, non siamo nemmeno un’Ong internazionale legata a qualche rete politica e
sociale.
Siamo un
piccolo Comitato che prova a mettere qualche sforzo per aiutare la popolazione
siriana.
Sapendo che
non si tratta solamente di “aiuto umanitario”, ma di un gesto politico: vogliamo
sostenere la popolazione siriana perché possa avere un futuro, perché la
rivoluzione contro la dittatura non sia vissuta solo come guerra e sofferenza,
perché le/i bambine/i possano vivere in Siria e non dover sperare solamente
nella fuga – o aver paura della morte.
Nelle
prossime settimane racconteremo il nostro viaggio in qualche incontro pubblico,
in qualche serata.
E intanto
rilanciamo: l’aiuto è ancora urgente e necessario.
Siamo
sempre aperti, nelle sedi che trovate sul sito.
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