sabato 19 gennaio 2013

Una goccia di aiuti, nel mare del bisogno



Breve cronaca di un viaggio nel nord della Siria, per potere qualche aiuto, qualche sorriso, e per conoscere meglio la realtà della rivolta e della repressione


Nelle settimane prima di Natale, il “Comitato di sostegno al popolo siriano” di Milano aveva raccolto diversi scatoloni di materiale di aiuto per l’emergenza inverno (cappotti, maglioni, coperte ecc.), qualche medicinale, e fondi per l’acquisto di alimenti e medicinali.

Il 23 dicembre Mohamad insieme alla famiglia, il suo furgone e un altro furgone di un amico siriano partivano per la Siria: in nave fino in Grecia e poi la Turchia e finalmente la Siria – Afrin, dopo lunga attesa al confine e il rischio di non riuscire a entrare (per i passaporti europei), sventato in modo un po’ “avventuroso”.
E in Siria lo shock di una situazione disastrosa: non c’è lavoro, l’inverno comincia a far sentire pesantemente i suoi morsi, le risorse alimentari ed energetiche sono un vero lusso (tanto che si tagliano ovunque alberi per fare un po’ di legna per riscaldarsi e cucinare), le case delle zone “liberate” affollate da più famiglie, grazie all’accoglienza e la solidarietà delle siriane e dei siriani ovunque.
La creatività è molta, ma non è sufficiente a sopravvivere in maniera dignitosa: certo, come abbiamo visto, si può fare un tè alimentando il fuoco solo con pezzetti di carta, ma quante volte? Certo, i bambini sanno ancora giocare, tutti insieme senza distinzioni “settarie”, ma come potranno farlo senza potersi vestire, senza poter mangiare?

Il nostro viaggio - oltre ad aver immediatamente distribuito il materiale che avevamo raccolto grazie alla generosità di tante persone a Milano, Gallarate e Varese – è servito a conoscere meglio alcune realtà alle quali pensiamo di indirizzare i prossimi nostri sforzi.
In particolare vogliamo segnalare l’ospedale da campo che da poco è stato inaugurato ad Afrin: un ospedale dove vengono curati feriti e malati senza alcuna distinzione politica, settaria, nazionale, di provenienza geografica, e che naturalmente ha bisogno di tutto.
Un medico dell’ospedale ci ha fatto un elenco di medicinali indispensabili, e uno dei nostri prossimi impegni sarà quello di procurarli, acquistandoli o raccogliendoli qui in Italia, o acquistandoli in Turchia.
Un’altra situazione drammatica che abbiamo visto, e con la quale abbiamo aperto una collaborazione, è rappresentata da un “campo profughi” a Jerablus, nei pressi del confine turco. Un campo “piccolo”, con diverse centinaia di persone, soprattutto sfollate da Aleppo, gestito dal “Comitato locale di coordinamento”, che grazie ad aiuti e donazioni acquista e prepara “kit alimentari” (farina, riso, burro) da distribuire gratuitamente alle famiglie del campo.

Altre sono le situazioni visitate (possiamo ancora segnalare Daret Al Ezzah – dove il Comitato locale di coordinamento ci parla della necessità di strumenti di comunicazione affidabili e efficienti), tante altre sono le realtà che avrebbero bisogno di aiuto.
Noi non siamo la Mezzaluna rossa, non siamo nemmeno un’Ong internazionale legata a qualche rete politica e sociale.
Siamo un piccolo Comitato che prova a mettere qualche sforzo per aiutare la popolazione siriana.
Sapendo che non si tratta solamente di “aiuto umanitario”, ma di un gesto politico: vogliamo sostenere la popolazione siriana perché possa avere un futuro, perché la rivoluzione contro la dittatura non sia vissuta solo come guerra e sofferenza, perché le/i bambine/i possano vivere in Siria e non dover sperare solamente nella fuga – o aver paura della morte.

Nelle prossime settimane racconteremo il nostro viaggio in qualche incontro pubblico, in qualche serata.
E intanto rilanciamo: l’aiuto è ancora urgente e necessario.
Siamo sempre aperti, nelle sedi che trovate sul sito.











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