martedì 24 aprile 2018

Non abbandoniamo la società civile siriana!


We Exist è un'alleanza delle organizzazioni della società civile siriana, sostenuta da organizzazioni
internazionali partner, che collaborano per garantire che il ruolo della società civile siriana sia
riconosciuto e considerato centrale per la qualsiasi pianificazione che riguarda la Siria.

Lunedì 23 aprile ha emesso questo comunicato che pubblichiamo e chiediamo di far circolare, perché crediamo sia importante sostenere le voci dissonanti dai giochi di guerra che si svolgono sulla/in Siria.


La coalizione “We exist!” chiede all'ONU e all'UE di non abbandonare la società civile siriana
La pace è possibile solo se le organizzazioni siriane e le istituzioni democratiche svolgono un ruolo di primo piano nella risposta umanitaria e la ricostruzione del paese, ha dichiarato oggi la coalizione, alla vigilia della seconda conferenza di Bruxelles intitolata "Supporting the Future of Syria and the region" L'ONU e l'UE devono assicurare la protezione e il coinvolgimento dei gruppi della società civile siriana per i diritti umani e civili, per garantire che abusi come la violenza sessuale, le deportazioni forzate e il targeting di civili sia documentato, monitorato e, in definitiva, prevenuto, ha affermato la coalizione“We Exist!”.
Un tribunale speciale per crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi in Siria deve essere
istituito.

Le organizzazioni siriane forniscono a milioni di persone istruzione, cibo, acqua, assistenza sanitaria e aiuti umanitari, nonostante i bombardamenti e i combattimenti quotidiani. Il loro lavoro è vitale per proteggere e servire milioni di persone che stanno lottando per sopravvivere o per tornare a casa. Maria Al abdeh ha detto: "Investire in una società civile attiva, vivace e finanziata in maniera appropriata è l'unica speranza per una Siria pacificata e democratica. Come operatori umanitari che si battono per i diritti umani dei siriani e le siriane, stiamo facendo tutto il possibile per responsabilizzare giovani uomini e donne, formare leader locali, documentare violazioni dei diritti umani, difendere i diritti di proprietà e sostenere i bambini traumatizzati, ma non possiamo farlo da soli. Gli aiuti internazionali devono contribuire a guarire le ferite emotive e fisiche, a chieder conto ai perpetratori di violazioni delle loro responsabilità’ ed a ricucire il tessuto sociale. Il nostro lavoro consiste nel contrasto dell'estremismo, sfidando i continuati crimini di guerra, ma stiamo operando sotto il fuoco degli aerei russi e siriani, con budget esigui, cercando di far quadrare i conti di mese in mese."

Mentre le Nazioni Unite e l'Unione Europea presiedono a Bruxelles una conferenza per sostenere gli aiuti umanitari e rafforzare i colloqui di pace a Ginevra, i gruppi della società civile chiedono che le loro istanze siano alla base di ogni decisione.

Chiedono all'ONU e all'UE di contribuire a:
1. Fermare i bombardamenti contro i civili e l'uso di armi proibite (non solo chimiche), come il deliberato targeting di scuole, ospedali e infrastrutture civili.

2. Fermare le deportazioni forzate di civili. Le persone hanno il diritto di rimanere nelle loro case, al
sicuro da bombardamenti o detenzioni illegali. La riorganizzazione demografica è un crimine di guerra, l'UE e l'ONU non dovrebbero sostenere nessuna ricostruzione finalizzata a creare realta` sul terreno coerenti con questa riorganizzazione

3. Garantire la sicurezza delle organizzazioni della società civile, incluso il loro riconoscimento, giuridico e garantirne protezione.

4. Sostenere le vittime di violenza sessuale e perseguirne i responsabili.

5. Garantire che i programmi umanitari rispondano alle necessità dei e delle giovani per poter proporre alternative alla scelta della violenza.

6. Garantire sostegno a chiunque desideri tornare a casa – attraverso il supporto sanitario, psicologico, con servizi educativi e programmi di riconciliazione.

7. Fare pressione sul governo siriano e su tutte le parti in guerra per la pubblicazione dell'elenco di tutti detenuti, i loro luoghi di detenzione, le loro condizioni giuridiche e di salute, e per fermare
immediatamente tortura ed i trattamenti inumani e degradanti diffusi.

8. Abolire i tribunali straordinari, in particolare i tribunali improvvisati sul campo, quelli sharaitici, di guerra e antiterrorismo, per garantire processi equi sotto la supervisione delle Nazioni Unite.

9. Considerare la società civile un partner principale in tutte le questioni riguardanti il futuro della Siria, sia che si tratti di lavoro umanitario, di sviluppo, ricostruzione o altro.

10. Istituire un Tribunale speciale per crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi in Siria.

11. Garantire che tutti i crimini di guerra e l’utilizzo di qualunque arma internazionalmente proibita
vengano perseguiti, non solo l’uso di armi chimiche.

Informazioni di contatto: lead@weexist-sy.org - Telefono: +49 176 24417246


lunedì 16 aprile 2018

"I nostri destini sono collegati": Joseph Daher sulla rivoluzione siriana

Questa intervista a Joseph Daher (attivista siriano residente in Svizzera, che è stato nostro ospite alcune settimane fa) è stata fatta prima delle ultive vicende della Ghouta (con il possibile attacco chimico contro Douma) e dei raid statunitensi contro alcune istallazioni militari siriane.
L'intervista rimane completamente attuale, e la proponiamo perché ne condividiamo lo spirito di solidarietà "non selettiva".


Mentre la rivoluzione siriana è entrata all'ottavo anno lo scorso marzo, Dan Fischer e S. Majasent hanno inviato alcune domande all'accademico e attivista anticapitalista siriano-svizzero Joseph Daher. Daher ha fondato il sito web Syria Freedom Forever ed è autore di Hezbollah: The Political Economy of Lebanon's Party of God. Abbiamo discusso di come il destino della lotta popolare siriana contro la dittatura di Bashar al-Assad sia collegato alle lotte anti-autoritarie e antifasciste a livello globale, tra cui Rojava, Palestina, Europa e Nord America.


Le politiche e le azioni della dittatura di Bashar al-Assad assomigliano al fascismo? Perché le destre autoritarie ed estreme in tutto il mondo sostengono il regime di Assad e in che misura i massacri di Assad nella Ghouta e altrove sono per loro fonte di ispirazione?
Il regime dispotico di Assad ha sicuramente tendenze fasciste, come mostrano il rifiuto di ogni tipo di opposizione e la violenza che ha messo in atto. Per quanto riguarda la natura del regime di Assad, possiamo definirla come uno stato dispotico, capitalista e patrimoniale governato attraverso la repressione violenta e l'uso di varie politiche, quali il settarismo, il tribalismo, il conservatorismo e il razzismo per dominare la società e mobilitare una base popolare interclassista tenuta insieme attraverso connessioni settarie, regionali, tribali e clientelari per difendere il regime su basi reazionarie.

La natura patrimoniale dello stato significa che i centri di potere (politici, militari ed economici) all'interno del regime sono concentrati in una famiglia e nella sua cricca, come in Libia o nelle monarchie del Golfo, per fare un esempio, spingendo quindi il regime a usare tutta la violenza a la sua disposizione per proteggere questa regola.
 È quindi molto lontano dall'essere socialista, antimperialista e laico, come viene invece presentato da alcuni settori della sinistra occidentale, spesso ignoranti sulla Siria.

Molti partiti e personalità fasciste in tutto il mondo sostengono il regime di Assad, tra cui l'estrema destra italiana Forza Nuova e CasaPound, la neofascista Alba Dorata greca, il British National Party (BNP) del Regno Unito e l'ultranazionalista Rinascita Nazionale in Polonia, tra gli altri. Questi fanno parte di un fronte internazionale che si è mobilitato per conto di Bashar al-Assad e ha inviato delegazioni di solidarietà in Siria fin dall'inizio della rivolta. Un esempio è il Fronte europeo di solidarietà per la Siria (ESFS) - una coalizione di gruppi neofascisti e di estrema destra che sostengono il regime di Assad. Più di recente, a marzo, sette membri dell'estrema destra tedesca dell'Alternativa per la Germania (AfD) hanno visitato Damasco.
Puoi trovare anche altre personalità di estrema destra che supportano Assad, tra cui Nick Griffin, ex membro del British National Party, il suprematista bianco statunitense Richard Spencer, ecc.

Ci sono diverse ragioni, a voltre tra loro contraddittorie, ma sicuramente puoi trovare in quel sostegno:che potrebbero essere in contraddizione a volte, ma puoi trovare in particolare: autoritarismo; islamofobia (Assad è visto come un "baluardo" contro l'islam e il fondamentalismo islamico sunnita); una posizione anti-USA, da non confondere con l'anti-imperialismo, perché non hanno alcun problema con l'imperialismo russo; antisemitismo, che in questo caso include l'opposizione a Israele
Legami effettivi con diversi movimenti e personalità e fasciste esistevano già prima della sollevazione. Ad esempio, nel 2005, David Duke, ex Gran Mago del Ku Klux Klan e noto famigerato negazionista dell'Olocausto, ha tenuto un discorso a Damasco sulla televisione di stato.

Sulla vostra ultima domanda, quello che è sicuro è che l'impunità data ai continui crimini assassini del regime dispotico di Assad nelle Ghouta e altrove - con l'assistenza e/o la complicità delle potenze imperialiste internazionali - incoraggia altri dittatori e regimi autoritari a reprimere violentemente la loro stessa popolazione. Questo fa parte anche di una tendenza internazionale globale autoritaria, presente in tutto il mondo, anche tra le democrazie liberali nei paesi occidentali, con lo sviluppo e l'approfondimento del neoliberismo.

Qual è la tua risposta a coloro che affermano che l'opposizione siriana ad Assad è composta principalmente da jihadisti? Quali sono le politiche delle correnti democratiche e della sinistra  all'interno della rivoluzione siriana?
Dovremmo ricordare innanzitutto che l'opposizione civile di base siriana è stata il motore principale della rivolta popolare contro il regime di Assad. Hanno sostenuto la rivolta popolare per molti anni organizzando e documentando proteste e atti di disobbedienza civile e motivando le persone a partecipare alle proteste. Le prime manifestazioni dei "comitati di coordinamento" (o tansiqiyyat) erano raduni di quartiere in tutta la Siria. Il regime ha preso di mira specificamente queste reti di attivisti, che avevano dato l'avvio a manifestazioni, atti di disobbedienza civile e campagne a favore degli scioperi in tutto il paese. Il regime ha ucciso, imprigionato, rapito e spinto all'esilio questi attivisti.

Tragicamente lungo tutti gli anni ogni sconfitta della resistenza democratica ha rafforzato e avvantaggiato le forze fondamentaliste islamiche e jihadiste sul terreno. L'ascesa di movimenti fondamentalisti islamici e jihadisti e la loro egemonia in campo militare in alcune regioni sono stati negativi per la rivoluzione, in quanto si contrapponevano ai suoi obiettivi (democrazia, giustizia sociale e uguaglianza). Con i loro discorsi e comportamenti settari e reazionari, questi movimenti non solo sono stati respingenti per gran parte delle minoranze nazionali e religiose e per le donne, ma anche per settori della popolazione arabo sunnita in alcune aree liberate dove abbiamo visto manifestazioni contro di loro, specialmente di importanti settori della classe media a Damasco e Aleppo. Hanno attaccato e continuano ad attaccare gli attivisti democratici, mentre spesso hanno cercato di imporre la loro autorità sulle istituzioni sviluppate dai gruppi e cittadini locali, spesso provocando la resistenza dalle popolazioni locali contro i loro comportamenti autoritari.

Nessuno nega il fatto che non ci troviamo più nel marzo 2011 e che la situazione delle forze democratiche e progressiste è molto debole oggi in Siria. I processi rivoluzionari sono eventi a lungo termine, caratterizzati da forti o deboli mobilitazioni in base al contesto. Sono anche caratterizzati da periodi di sconfitta, ma è difficile dire quando finiscono. Questo è particolarmente vero in Siria, dove le condizioni che hanno permesso l'inizio di queste insurrezioni sono ancora presenti, mentre il regime è molto lontano dal trovare modi per risolverli.

 L'altro elemento che potrebbe anche svolgere un ruolo in futuri eventi è la grande documentazione della rivolta, come non si è mai visto prima nella storia. Ci sono state significative registrazioni testimonianze e documentazioni del movimento di protesta, degli attori coinvolti e delle modalità di azione. Negli anni settanta, la Siria aveva assistito a una forte resistenza popolare e democratica con scioperi e importanti manifestazioni di massa in tutto il paese. Sfortunatamente, la memoria di questa resistenza non è rimasta e non era davvero conosciuto dalla nuova generazione di manifestanti nel 2011. Il processo rivoluzionario siriano avviato nel 2011 è uno dei più documentati. Questa memoria rimarrà e potrebbe ispirare e formare la resistenza futura. Le esperienze politiche accumulate dall'inizio della rivolta non scompariranno.

Riguardo l'espansione dell'ISIS e di altre forze jihadiste estremiste, alcune persone sostengono che dobbiamo "scegliere un campo" tra il regime di Assad e le forze jihadiste per trovare una soluzione concreta al conflitto. In realtà questo vuole significare che dobbiamo sostenere Assad e le sue forze alleate iraniane e russe. Purtroppo, discorsi insensati come questo sono diventati particolarmente evidenti dopo gli attacchi terroristici dell'ISIS in diversi paesi del mondo. Dopo questi attacchi, molti in Occidente hanno iniziato a  spingere per una "guerra globale contro l'ISIS". A destra e a sinistra hanno sostenuto la necessità di collaborare con il regime di Assad, o almeno di cercare una soluzione nella quale la dinastia di Assad rimanesse al controllo del paese.

Quelli, come me, che si oppongono a questa prospettiva sono accusati di essere idealisti. I nostri critici ci dicono che dobbiamo adottare approcci "più realistici" nei confronti della Siria, al fine di salvare vite umane. Ciò che questi individui non riescono ad comprendere, tuttavia, è chetale approccio non è sufficiente a sconfiggere l'ISIS, le forze jihadiste e altre organizzazioni salafite.
La forza militare brutale garantisce solamente che altri gruppi militanti prenderanno il loro posto, come dimostra Al-Qaida in Iraq. Vere soluzioni alla crisi in Siria e altrove nella regione devono affrontare le condizioni socio-economiche e politiche che hanno permesso la crescita di ISIS e di altre organizzazioni estremiste.

Dobbiamo capire che l'espansione dell'ISIS è un elemento fondamentale della controrivoluzione in Medio Oriente che è emerso come risultato di regimi autoritari che hanno distrutto i movimenti popolari legati alla primavera araba del 2011. Anche gli interventi degli stati regionali e internazionali hanno contribuito allo sviluppo di ISIS. Infine, le politiche neo-liberiste che hanno impoverito le classi popolari, insieme alla repressione delle forze democratiche e sindacali, sono state fondamentali per aiutare l'ISIS e le forze fondamentaliste islamiche a crescere.

La sinistra deve capire che solo liberando la regione dalle condizioni che hanno permesso all'ISIS e agli altri gruppi fondamentalisti islamici di svilupparsi è possibile risolvere la crisi. Allo stesso tempo, dare forza a quelle forze progressiste e democratiche sul campo che lottano per rovesciare regimi dispotici scontrandosi allo stesso tempo con gruppi reazionari è parte integrante di questo approccio. Chiaramente, nessuna soluzione pacifica e giusta in Siria può essere raggiunta con Bashar al-Assad e la sua cricca al potere. È principale criminale in Siria e deve essere perseguito per i suoi crimini invece di essere legittimato dai poteri internazionali e regionali.

Quale impatto ha avuto l'economista anarchico Omar Aziz sulla rivoluzione siriana, in particolare nella creazione di consigli locali autonomi? Nel 2016, Leila Al-Shami ha citato una stima secondo la qualle esistevano allora 395 consigli locali in tutta la Siria. Cosa è successo a questi consigli?
Omar Aziz, un attivista anarchico di 63 anni, arrestato nell'ottobre 2012 e morto sotto tortura in un carcere di regime nel febbraio 2013, è stato il primo a lanciare un appello per la formazione di "consigli locali" nell'ottobre 2011. Sicuramente a Damasco e nella sua provincia le sue idee e la sua proposta di formazione di consigli di autogoverno sono state importanti e fonte di ispirazione per  molti attivisti. Tuttavia, questo è stato il risultato anche della realtà che si era creata sul terreno. Dopo il ritiro da alcune regioni delle forze del regime, le persone hanno dovuto organizzare politicamente la società e coordinarsi tra civili e gruppi armati di opposizione.

Il numero di consigli locali è diminuito considerevolmente dopo la caduta di Aleppo orientale nel dicembre 2016 e a causa dell'avanzata militare delle forze del regime nelle aree precedentemente controllate dall'opposizione, e anche come risultato dell'attacco dei fondamentalisti islamici e di gruppi armati jihadisti che hanno sostituito i consigli con altri controllati da loro.

Riguardo ai consigli locali che pure svolgevano un ruolo importante nelle aree controllate dall'opposizione, dobbiamo essere chiari che giudicare come molto importanti la loro esperienza non significa non vederne le carenze, come la mancanza di rappresentanza delle donne o di minoranze religiose in generale. Esistevano anche altri problemi, come alcune forme di disorganizzazione, pratiche antidemocratiche, rappresentanza eccessiva di alcune famiglie influenti in alcune aree, ecc. Anche i consigli civili non erano sempre completamente autonomi dai gruppi militari, facendo spesso ricorso a gruppi militari per ottenere risorse. Mentre molti membri dei consigli erano generalmente eletti, almeno la metà di loro, c'erano anche un certo numero di consigli nominati non democraticamente invece che eletti, basati sull'influenza dei capi militari locali, del clan e delle strutture familiari e degli anziani. Un altro problema che è stato riscontrato nella selezione dei rappresentanti del consiglio è stata la necessità di particolari capacità professionali e tecniche.
Nonostante questi limiti, i consigli locali sono stati in grado di ripristinare un livello minimo di servizi sociali nelle loro regioni e godevano di un certo livello di legittimità.

Nel tuo articolo "La crisi curda in Iraq e in Siria" sostieni che "non dovremmo isolare la lotta per l'autodeterminazione del popolo curdo dalle dinamiche della rivoluzione siriana". Quali suggerimenti proponi alle persone che sostengono sia la rivoluzione siriana che la rivoluzione del Rojava nonostante gli scontri che sono avvenuti tra settori di queste due lotte?
Non dovremmo separare i loro destini in primo luogo, e dovremmo opporci ai vari attacchi militari su Afrin, Idlib e Ghouta orientale e sostenere tutti i civili in Siria. Più in generale, l'operazione turca ad  Afrin riflette la debolezza di tutti gli attori democratici e progressisti in Siria di fronte alla distruzione della rivoluazione siriana causata dal regime di Assad e dai suoi alleati  e della conseguente rilegittimazione di questo regime, che è stata accettata da tutti gli attori internazionali.

Ciò di cui c'è disperatamente bisogno è la solidarietà tra tutti i rivoluzionari (arabi, curdi e tutte le altre minoranze etniche) che sono contro il regime di Assad e tutte le potenze imperialiste regionali e internazionali e sostenere le lotte per la giustizia sociale, i diritti delle donne e i diritti delle minoranze oppresse.
In generale, nessuna soluzione per la questione curda e per una Siria inclusiva può essere trovata senza riconoscere i curdi esattamente come "popolo" o "nazione" in Siria e quindi sostenere incondizionatamente l'autodeterminazione del popolo curdo in Siria e altrove. Questo, tuttavia, non giustifica essere acritici verso qualsiasi aspetto negativo della politica del PYD (o di qualsiasi altro partito politico curdo).

Possiamo pensare che la sconfitta dell0insurrezione siriana probabilmente segnerebbe la fine dell'esperienza del Rojava e il ritorno a un'era di oppressione per i curdi della Siria. Il regime di Assad e le forze reazionarie, che ora dominano gran parte della scena in Siria, non permetterebbero alcun possibile sviluppo di un'esperienza politica che sia in contrasto con il loro autoritarismo. Dovremmo opporci anche a tutte le forme di settarismo e razzismo. Il nostro slogan dovrebbe essere "I nostri destini sono collegati". Più in generale dobbiamo collegare ancora una volta la rivolta in Siria alle rivolte di altri paesi della regione. In questo modo, possiamo comprendere i legami tra le nostre lotte e il fatto che ogni sconfitta dei popoli in lotta per una maggiore democrazia e giustizia sociale è una sconfitta per tutti. I regimi dispotici e autoritari imparano dalle loro esperienze di repressione e li condividono con i loro alleati. Questa è una realtà, ed è per questo che abbiamo bisogno di più collaborazioni tra le forze progressiste in tutta la regione.

Qual è l'effetto dell'invasione turca di Afrin sulla rivoluzione siriana e su quella del Rojava?
È catastrofico per l'aspetto umanitario, naturalmente, ma anche politicamente.
L'esercito turco e i suoi delegati siriani hanno preso la città di Afrin, in seguito al ritiro delle forze delle  YPG della città. Dopo la conquista e l'occupazione della città, i combattenti dei gruppi armati dell'opposizione siriana legati ad Ankara hanno saccheggiato negozi e case di civili, mentre demolivano una statua di Kawa, una figura centrale e simbolica di una leggenda kurda sulla celebrazione del nuovo anno di Newroz. Quasi 100.000 persone sono fuggite dalle loro case dopo l'invasione di Afrin. Non bisogna dimenticare che durante la campagna militare contro Afrin, hanno attaccato anche civili e mutilato i cadaveri dei soldati curdi YPG e YPJ mostrandoli sui social media, in particolare di una donna delle YPJ, alimentando le tensioni etniche. Le tensioni sono aumentate e divisioni etniche sono state approfondite tra arabi e curdi.

Gli attivisti dell'opposizione devono essere chiari nella loro opposizione alla Coalizione siriana. La Coalizione siriana, composta principalmente da personalità e gruppi liberali, islamici e conservatori, non solo ha sostenuto l'intervento militare turco e ha continuato le sue politiche scioviniste e razziste contro i curdi in Siria, ma ha anche partecipato a questa operazione chiamando i rifugiati siriani in Turchia a unirsi al Gruppi di opposizione armati siriani che combattono in Afrin. Hanno richiesto un intervento militare turco per lungo tempo e hanno incoraggiato lo sciovinismo e il razzismo arabo contro i curdi, giustificando e sostenendo la presenza di movimenti fondamentalisti islamici. I combattenti siriani ad Ankara hanno moltiplicato i discorsi razzisti contro i curdi sin dall'inizio dell'operazione militare.

La Turchia sta utilizzando questo intervento militare anche per raggiungere obiettivi interni cercando di eliminare la questione curda e soddisfacendo i nazionalisti turchi di estrema destra. Inoltre, come ho sostenuto in numerose occasioni in passato, poiché la lotta contro Daesh è quasi completata, gli Stati Uniti hanno annunciato la volontà di ritirare le proprie forze dalla Siria, il che lascerebbe l'opportunità alla Turchia di intervenire in campo militare, proprio come ad Afrin, nelle aree nord-orientali del paese controllato dal PYD, senza opposizione dagli Stati Uniti. Erdogan ha effettivamente dichiarato che le forze turche eserciteranno la loro offensiva contro i combattenti YPG kurdi lungo il confine turco con la Siria e, se necessario, nel nord dell'Iraq.

Come dovrebbero rispondere gli internazionalisti alla richiesta di alcuni gruppi siriani e curdi per l'assistenza militare degli Stati Uniti?
Non è possibile sicuramente una risposta facile; soprattutto quando le persone vengono massacrate da una parte e dall'altra; gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di cambiare regime in Siria, e questo è chiaro sin dall'inizio della rivolta, o, come abbiamo visto, fermare l'intervento turco contro i curdi ad Afrin.
Oggi il problema principale è davvero chiedere la fine della guerra, la fine di tutti gli interventi militari e la garanzia dei diritti per i civili. Ne parleremo meglio nell'ultima risposta.

Tuttavia, pur non essendo d'accordo con i gruppi che richiedono interventi militari, dovremmo comunque mantenere la nostra solidarietà con tutte le forze democratiche e progressiste in Siria, nonché con le forze socialiste e democratiche curde che resistono contro i due attori della controrivoluzione: il regime di Assad da una parte e le forze reazionarie jihadiste e islamiche dall'altra parte.
Da questa prospettiva, ciò che possiamo sostenere è che è necessario difendere una dinamica locale di autodifesa piuttosto che aumentare la stretta mortale dell'imperialismo, e quindi dovremmo anche sostenere la fornitura di armamenti e armi a queste forze democratiche nella regione per combattere entrambe le forze controrivoluzionarie. Questi sono elementi importanti che potrebbero rafforzare le forze democratiche e progressiste sul campo e fornire loro gli strumenti per difendersi.

Per le persone che non si sentono a proprio agio con il fatto di esigere armamenti e armi dall'occidente senza condizioni politiche e vincoli, vorrei invitarli a leggere "Impara a pensare" di Trostky.
Questo non significa ovviamente essere acritici nei confronti delle leadership di questi gruppi che fanno tali richieste, e dovremmo mantenere la nostra indipendenza e le opinioni critiche, anche quando abbiamo a che fare con loro.
Dobbiamo aver chiaro che gli attori imperialisti e i poteri regionali agiscono tutti secondo una logica imperialista che sostiene sistemi autoritari e ingiusti. Tutte queste forze si oppongono all'autodeterminazione dei popoli della regione e alle loro lotte per l'emancipazione. Per quwsto, gli attivisti anti-war, sia in Medio Oriente che in Occidente, devono affrontare tutte le forme di repressione e autoritarismo e condannare tutte le forme di intervento straniero contro gli interessi della popolazione della regione.

Qual è il ruolo di Israele nel conflitto e rispetto alla questione del cambio di regime? Come rispondi a coloro che affermano che il regime di Assad è un paladino della Palestina?
Non essendo interessata ad alcun cambiamento radicale ai suoi confini, Israele ha preferito un'opzione simile a quella degli Stati Uniti. Le principali priorità dello stato di Israele erano in primo luogo impedire che la guerra civile in Siria si diffondesse oltre i suoi confini e in secondo luogo impedire che armi chimiche cadessero nelle mani di gruppi islamici estremisti o il trasferimento di armi significative a Hezbollah in Libano. Nel settembre 2017, l'ex capo delle forze armate israeliane Amir Eshel ha dichiarato che Israele aveva colpito i convogli di armi dell'esercito siriano e dei suoi alleati di Hezbollah quasi 100 volte dall'inizio del 2012. Il regime di Assad, non disposto a provocare Israele, non ha mai risposto a questi interventi, tranne che nel Febbraio 2018 quando un missile antiaereo ha abbattuto un aereo da guerra israeliano di ritorno da un bombardamento contro le posizioni sostenute dall'Iran in Siria. Israele ha quindi lanciato un secondo e più intenso raid aereo, colpendo ciò che ha affermato fossero 12 obiettivi iraniani e siriani in Siria, compresi sistemi di difesa aerea siriana. A seguito di questo scontro, sia Israele che la Siria hanno dichiarato che non stavano cercando un conflitto più ampio, mentre la Russia e gli Usa erano preoccupati di ulteriori violente escalation.

Le autorità israeliane hanno anche dichiarato pubblicamente la loro opposizione a vedere truppe iraniane o di Hezbollah vicina ai suoi confini, chiedendo alla Russia di evitare che ciò potesse accadere. In questo contesto, Israele ha moltiplicato i suoi attacchi, in particolare dal 2017, contro Hezbollah e obiettivi iraniani in Siria. Come possibile gesto per placare le apprensioni dello stato israeliano, il viceministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha sottolineato alla fine di febbraio 2018 che la presenza del suo paese in Siria si svolgeva su invito di Damasco e non era finalizzata a creare un nuovo fronte contro Israele, quanto a combattere il terrorismo. La questione principale oggi per Israele è quindi la presenza di Iran e Hezbollah vicino ai suoi confini in Siria.

Rispondendo alla seconda domanda, questa è una delle più grandi bugie del regime siriano. In realtà, nel 1970 lo scontro finale tra Salah Jadid, allora leader di fatto della Siria, e Hafez al-Assad, che era ministro della Difesa e capo dell'Aeronautica, è avvenuto in seguito al rifiuto di Hafez al-Assad di sostenere la decisione del governo siriano di consentire all'esercito di liberazione palestinese (sotto il comando dell'Esercito arabo siriano) di intervenire in Giordania durante la guerra del 1970 tra la resistenza palestinese e l'esercito di re Hussayn. Ciò ha portato al sanguinoso "Settembre nero" con migliaia di palestinesi uccisi. Il partito Ba'th, guidato da Jadid, iniziò un processo per espellere Assad dalle sue posizioni di potere, al fine di dominare più saldamente l'esercito. La decisione non è mai stata implementata; l'esercito prese il controllo del quartier generale del partito, agli ordini di Hafez al-Assad e Mustafa Tlass. Questo nuovo sanguinoso colpo di stato ha portato al completo controllo del partito e del regime da parte di Assad.

Analogamente riguardo l'anti-imperialismo: il regime di Assad ha una storia di collaborazione con varie forze imperialiste. Le forze del regime di Assad entrarono in Libano nel 1976 per annientare le forze di sinistra palestinesi e libanesi con il sostegno e l'approvazione di Stati Uniti e Israele. Durante gli anni ottanta abbiamo assistito alla guerra dei campi prevalentemente tra Amal e gruppi palestinesi, con la Siria sosteneva Amal contro i gruppi palestinesi per schiacciarli.
Vicenda meno conosciuta, dopo il 1982 e la distruzione dei gruppi palestinesi in Libano da parte del regime siriano, il campo di Yarmouk , che è un quartiere palestinese di Damasco, è stato testimone di un paio di insurrezioni o movimenti di protesta di massa all'interno di Damasco. Ci fu una massiccia repressione da parte dei servizi segreti siriani contro di loro, con oltre 1.000 prigionieri politici negli anni '80 nelle prigioni di Assad.

Nel 1991, la Siria ha appoggiato l'intervento diretto dagli Stati Uniti contro l'Iraq. Dal 1974 al 2011, non è stato sparato un solo proiettile dalla Siria per liberare il Golan occupato. Assad è sempre stato  pronto a raggiungere un accordo di pace con Israele se Israele avesse restituito almeno una parte del Golan occupato, ma Israele non ha mai voluto farlo. Non è mai stato il contrario ed è molto importante capirlo.
Fino ad oggi Israele considera Assad come il male minore, come la migliore garanzia per i propri confini. Ecco perché preferiscono una dittatura indebolita in Siria, al contrario di un cambio di regime. Israele teme le insurrezioni nella regione, perché i regimi autoritari hanno sempre avuto interesse a collaborare direttamente o indirettamente con Israele e schiacciare il loro stesso popolo insieme ai palestinesi. Il miglior esempio è rappresentato da una dichiarazione rilasciata da Avigdor Lieberman, Ministro degli esteri israeliano nel 2011, quando ha sostenuto che la più grande minaccia per Israele sarebbe il successo di una rivoluzione egiziana, una democrazia egiziana e non l'Iran. Perché questa rivoluzione potrebbe essere estesa alla regione, e le persone che si liberano tornerebbero a guardare alla causa palestinese che è stata centrale per decenni nella regione. Quindi no, sicuramente il regime di Assad è molto lontano dall'essere un alleato del popolo palestinese o di qualcuno dei popoli che lotta per la libertà e la dignità.

Dal 2011, c'è stata una repressione massiccia contro i profughi palestinesi in Siria. Il campo di Yarmouk in Siria ha subito un orribile assedio con centinaia di persone che sono morte di fame, ecc. Nella prima settimana della rivolta Bouthaina Shaaban, consigliera del regime siriano, ha accusato i palestinesi di fomentare iniziative settarie all'interno della Siria, in particolare a Latakia, e così via.
Diversi campi profughi palestinesi sono stati bombardati. Oggi ci sono più di 20.000 palestinesi ricercati dal regime di Assad.

Credo che la liberazione delle classi popolari della regione e della Palestina siano collegate. La liberazione della Palestina e delle sue classi popolari è legata alla liberazione e all'emancipazione delle classi popolari nella regione contro le loro classi dirigenti e i vari imperialisti, in particolare gli Stati Uniti e la Russia, e le potenze regionali, come Iran, Arabia Saudita, Turchia e Qatar. Con questa stessa logica, dobbiamo combattere contro tutti i tentativi da parte dei regimi e delle forze reazionarie islamiche di dividere le classi popolari in base al loro genere, alle sette religiose, alle nazionalità, ecc. nel tentativo di dominarle e quindi impedire la loro liberazione e quella delle classi popolari palestinesi.

Che tipo di azione diretta possono prendere gli antifascisti e gli anti-autoritari in solidarietà con il popolo siriano, in particolare con la popolazione massacrata nella Ghouta, a Idlib e Afrin?
Molte cose dovrebbero essere fatte. Penso che gli antifascisti e gli anti-autoritari dovrebbero chiedere la fine della guerra, che ha creato terribili sofferenze. Ha portato a un massiccio trasferimento di persone all'interno del paese e ne ha cacciato milioni come rifugiati. La guerra beneficia solo le forze controrivoluzionarie su tutti i lati. Sia dal punto di vista politico che da quello umanitario, la fine della guerra in Siria è una necessità assoluta.

Allo stesso modo dobbiamo respingere tutti i tentativi di legittimare il regime di Assad e dobbiamo opporci a tutti gli accordi che gli consentiranno di svolgere qualsiasi ruolo nel futuro del paese. . Un assegno in bianco dato ad Assad oggi, incoraggerà i futuri tentativi da parte di altri stati dispotici e autoritari di schiacciare le loro popolazioni se cercheranno di ribellarsi.

Dobbiamo nello stesso tempo garantire anche i diritti dei civili in Siria, in particolare impedendo ulteriori trasferimenti forzati e assicurando i diritti dei rifugiati (diritto al ritorno, diritto alle compensazioni finanziarie in caso di distruzione delle loro case, giustizia per le perdite dei loro parenti, ecc.).
Assad e i suoi vari partner nel regime devono essere ritenuti responsabili dei loro crimini. Lo stesso vale per le forze fondamentaliste islamiche, le forze jihadiste e altri gruppi armati. Dobbiamo sostenere gli attori e i movimenti democratici e progressisti contro entrambi i lati della controrivoluzione: il regime ei suoi oppositori fondamentalisti islamici. Dobbiamo costruire un fronte unito basato sugli obiettivi iniziali della rivoluzione: democrazia, giustizia sociale e uguaglianza, contro ogni settarismo e razzismo.

Ovviamente dobbiamo opporci a tutti gli attori imperialisti e autoritari che intervengono in Siria.
Nei propri paesi, la sinistra a livello internazionale dovrebbe anche lottare: per l'apertura delle frontiere a migranti e rifugiati e contro la costruzione di mura o la trasformazione dell'Europa, ad esempio, in una fortezza che trasformerebbe il Mar Mediterraneo in un cimitero di migranti; contro tutte le forme di islamofobia e razzismo; contro ogni tipo di cooperazione degli stati occidentali con regimi dispotici e e lo stato dell'apartheid, coloniale e razzista di Israele (in quest'ultimo caso, sostenendo le campagne BDS); contro ulteriori politiche "di sicurezza" e antidemocratiche promosse in nome della "guerra contro il terrorismo".

Tratto dal sito It's going down, traduz. Piero Maestri


giovedì 28 dicembre 2017

Per spezzare l'arma della fame!


All'inizio di novembre inoltravamo l'appello che trovate allegato per l'invio di aiuti alimentari urgenti alla stremata popolazione della Ghouta orientale, sottoposta a un assedio sempre più impenetrabile anche per le agenzie delle Nazioni Unite. In seguito a questo appello siamo stati in grado alla fine di novembre di inviare 950 euro ai nostri partner a Saqba. 

E' di questi giorni la notizia che questi 950 euro sono stati usati per la distribuzione di razioni di pane a 500 famiglie. Si sono assommati ad altri aiuti internazionali, delle Nazioni Unite e dell'Unicef, giunti nell'ultimo mese. Sono state compilate liste di famiglie a rischio malnutrizione per evitare che la giustapposizione di aiuti da fonti diverse potesse provocare caos nella distribuzione degli aiuti, con famiglie che potessero attingere a più di una razione e altre che rimanessero senza. L'operazione è stata complessa e ha richiesto tempi organizzativi non brevissimi. Si stima che l'80% delle famiglie di Saqba a rischio malnutrizione sia stato raggiunto nell'ultimo mese da aiuti internazionali.

Alle 500 famiglie che hanno già ricevuto una razione di pane con i soldi inviati dal Comitato di sostegno al popolo siriano di Milano si aggiungono altre 100 famiglie che riceveranno il pane nei prossimi giorni.
A breve contiamo di inviare un ulteriore contributo. Ma se gli aiuti alimentari riescono, seppur a fatica e a costi spropositati, a entrare nelle aree assediate, non così i medicinali che vengono sistematicamente confiscati ai posti di blocco. Anche i bombardamenti sono incessanti, ogni due o tre giorni ci sono ondate di bombardamenti che oramai costituiscono la triste normalità quotidiana.

Il nostro aiuto è una piccola goccia nell'oceano della sottoalimentazione, non placata con l'arrivo di aiuti una tantum, quello che occorre è una presa di posizione forte della comunità internazionale che fermi i bombardamenti e impedisca al regime l'utilizzo della fame e delle necessità mediche come arma per piegare la resistenza della popolazione. Purtroppo il calvario della popolazione della Ghouta sta continuando nell'indifferenza della comunità internazionale e anche di gran parte dell'opinione pubblica.

puoi versare il tuo contributo a:
Associazione per la Pace Milano presso Banca Popolare Etica Filiale di Milano –
Iban IT45L0501801600000011316957
BIC CCRTIT2T84A
Causale (importante!!!): SOS Siria


lunedì 19 ottobre 2015

La situazione siriana vista dall'opposizione democratica al regime degli Assad


Il video dell'incontro del 13 ottobre 2015 c/o il Cam Garibaldi, Milano
 "Assad contro Isis - Russia contro Usa? Tutti insieme contro il terrorismo? Ma mi facci il piacere... La situazione siriana vista dall'opposizione democratica al regime degli Assad"

con Emanuele Valenti 
(giornalista di Radio Popolare di Milano)
Yehyia Na'na, già presidente del Majlis, consiglio della provincia liberata di Aleppo

Organizza il Comitato di sostegno al popolo siriano di Milano
comitatosiriamilano@gmail.com

lunedì 20 aprile 2015

#iosonoYarmouk!



Yarmouk è la Siria - solidarietà con le/i palestinesi di Yarmouk  e le/i siriane/i di tutte le città, strette/i tra l'assedio del regime di Assad e il terrorismo di Isis

"A chi crede che Assad sia un nostro sostenitore, a chi non appoggia la rivoluzione io dico: voi avete la vostra Palestina, io ho la mia. La vostra Palestina è un discorso del regime. La mia Palestina è il canto dei combattenti per la libertà di Hama" 
(Budour Hassan – blogger palestinese residente a Gerusalemme)



Dopo anni di colpevole e vigliacco silenzio sulle sorti delle/dei palestinesi che vivono nel campo di Yarmouk, vicino Damasco, il drammatico e sanguinoso attacco delle milizie dell’autoproclamatosi “Stato islamico” (Isis) al campo lo ha fatto scoprire anche alle cronache del nostro paese (e a qualche amico dei palestinesi che non si erano accorti di quanto succedeva).

Il campo di Yarmouk, che aveva oltre 150.000 abitanti prima del 2011, la maggior parte della quale discendenti dei profughi palestinesi cacciati o fuggiti dai territori occupati dalle forze armate israeliane nel 1948, oltre a cittadine/i siriane/i, da oltre due anni sta subendo un assedio e un blocco totale da parte delle forze del regime di Bashar el Assad, assedio che ha privato la popolazione di acqua, elettricità, cibo, ecc ...
Oltre 200 palestinesi sono morti di fame a causa del blocco.
Oltretutto, durante il tentativo dell’Isis di prendere il controllo militare del campo, il regime di Assad ha bombardato i civili nel campo, come ha fatto in passato, e continua a farlo oggi.

Oggi nel campo sono rimaste 18.000 persone!

Oggi, 18 aprile 2015 #MilanoperYarmouk è in piazza in sostegno e solidarietà alla popolazione del campo di Yarmouk, proprio come siamo stati in queste stesse strade in solidarietà al popolo e alla causa della libertà e giustizia siriane – contro il doppio terrore delle forze jihadiste e del regime di Assad.

Vogliamo che le organizzazioni internazionali garantiscano l’apertura di Yarmouk, la fine dell’assedio e l’ingresso degli aiuti alla popolazione – permettendo ai gruppi palestinesi di governare le proprie vite e il proprio campo.

#MilanoperYarmouk
milanoperyarmouk@gmail.com

PROGETTO SAQBA - Per l’autosufficienza alimentare nella Ghouta





Perché Saqba?
Saqba, vicino a Douma si trova nella Ghuta orientale, provincia di Damasco. É una zona liberata dalla presenza del regime e accerchiata dall’esercito regolare siriano che la sottopone a un vero e proprio embargo. La Ghuta Orientale è diventata famosa per via degli attacchi chimici dell’agosto 2013.
E’ meno conosciuta invece, purtroppo, la sua condizione di penuria alimentare estrema. La malnutrizione e il conseguente indebolimento hanno determinato la diffusione di malattie quali il tifo, la tubercolosi, l'epatite. Per queste malattie non sono disponibili nella Ghuta sotto assedio antibiotici specifici e gli altri farmaci necessari, a fronte di centinaia di casi diagnosticati. Cause di queste malattie sono la scarsità di cibo, di acqua pulita, carburante ed energia elettrica per cucinare, bollire l'acqua, alimentare i sistemi di depurazione.
L'assedio ad opera dell'esercito regolare sta producendo fame e malattie, come denunciato dal report del ViolationsDocumentation Centre dell'agosto 2014.

Come molte altre zone liberate, Saqba è amministrata da un majlis, un consiglio auto-organizzato che tenta di garantire i servizi essenziali alla popolazione.
Il progetto che vogliamo sostenere ci è stato proposto da un collettivo di medici, agronomi, professionisti specializzati in diversi ambiti che hanno messo le loro competenze professionali a disposizione della collettività per l’ideazione e realizzazione di progetti di auto-organizzazione dal basso che consentano di resistere e sopravvivere all’assedio. Fanno riferimento all'Ufficio Medico Rivoluzionario Unificato della città di Saqba (Al-Maktab al-Tubbi al-Thawri al-Muwahhad fi madinati Saqba)


Progetto per l’autosufficienza alimentare 
Il progetto consiste nella messa a coltura di 4 ettari di terreno per la coltivazione di grano. Il ciclo annuale di lavorazione della terra ha un costo preventivato di circa 16.000 euro, dalla predisposizione del terreno e dalla semina fino alla mietitura. L’obiettivo del progetto è quello di integrare il fabbisogno alimentare di 40 nuclei familiari sulle 70.000 persone che abitano nell’area di Saqba (700.000 è l'intera popolazione della Ghuta Orientale).
Abbiamo già raggiunto un primo parziale obiettivo e permesso, con i 2000 euro raccolti, nel mese di ottobre 2014, la semina a grano di un piccolo appezzamento di terreno di 2000 m², capace di fornire, dopo il raccolto della prossima estate, razioni alimentari di farina a 500 persone per un mese. Trovate la testimonianza video della semina sulle nostre pagine Facebook e sul nostro blog. 
Potete anche vedere il video della semina e la presentazione del lavoro svolto dai partner siriani.
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Entro il prossimo autunno ci siamo impegnati a raccogliere altri 4500 euro che consentiranno la messa a coltura a grano di un appezzamento di un ettaro.

Vogliamo con questo dare un piccolo concreto segnale di speranza a tutta la popolazione di Saqba. Autosufficienza alimentare anche come recupero della speranza e della dignità, per contribuire a ricostruire un paese normale.


PUOI VERSARE IL TUO CONTRIBUTO A:
Associazione per la Pace Milano presso Banca Popolare Etica Filiale di Milano - Iban IT27U0501801600000000131695 – BIC CCRTIT2T84A
Causale (importante!!!): SOS Siria


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SIRIA: STRETTI NELLA TENAGLIA


A più di tre anni dallo sbocciare della primavera siriana, la Siria pare sprofondata in un conflitto che ha sempre più i connotati di una guerra confessionale. Sembrano coronati da successo i tentativi convergenti del feroce regime di Assad e delle monarchie reazionarie del Golfo di imprimere alla rivolta democratica contro la dittatura una torsione settaria, che contrasta con la tensione multiconfessionale che ha sempre ispirato la primavera siriana.
La società civile siriana, gli attivisti democratici protagonisti della primavera siriana sono sempre più stretti nella morsa tra la repressione senza limiti del regime e il fanatismo oscurantista e intollerante dei gruppi jihadisti.

NOI PENSIAMO CHE NON TUTTO SIA  PERDUTO.

Noi pensiamo che vada investito più che mai sulla rete di attivisti democratici, su quella società civile che per mesi dal marzo 2011 ha affrontato le mitragliatrici di Assad e che oggi deve scontrarsi con il regime e i gruppi reazionari jihadisti.
Noi pensiamo che è solo dando forza e voce ai tanti uomini e donne siriani che nemmeno oggi si arrendono alla repressione di Assad né alle derive confessionali jihadiste che la Siria potrà rinascere nella democrazia e nella pace.
Vogliamo cercare di farlo anche tramite progetti di solidarietà come questo che proponiamo direttamente concordati con questi uomini e queste donne.